Una danza liberatoria
La Pizzica-Pizzica è una danza popolare presente nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto e in tutto il Salento, ma diffusa anche in un’altra sub-regione della Puglia, la Bassa Murgia e Matera (appartenuta anch’essa alla Terra d’Otranto). Fino ai primi decenni del XX secolo presente in tutto il territorio pugliese, assumeva nomi differenti rispetto ai vari dialetti della regione confondendola spesso con le tarantelle. La pizzica però non è solo la danza tipica della Puglia, ma è impiegata da sempre come cura e liberazione da un malessere interiore, un male di vivere, che affliggeva le coscienze di ogni individuo, più nello specifico, delle donne.
Le donne a cui si fa riferimento appartenevano soprattutto alla classe contadina e per questo impegnate per lo più nella raccolta del grano e del tabacco. Non potevano nutrire altri interessi all’infuori di quelli appena elencati e dovevano sottostare dapprima al volere dei propri padri e successivamente a quello del futuro marito.
L’unico mezzo che avevano per evadere da questa condizione esistenziale era la danza e l’unico ballo che poteva guarirle era la pizzica-pizzica.
All’udire l’incalzante e ridondante ritmo, portato dal tamburello, considerato lo strumento che incarna la danza e, accompagnato poi dagli altri strumenti, queste si abbandonavano completamente alla melodia della musica.
Attraverso la danza queste liberavano la loro anima, la loro essenza, quasi come se fosse qualcosa di soprannaturale, un’ebbrezza magica, liberando la loro vera natura e facendo uscir fuori la luce insita in ognuna di loro e scacciando così, qualsiasi forma di malessere.
E’ propria questa la forza della pizzica, il suo ritmo e la sua melodia hanno il potere di insinuarsi nelle fibre più intime dell’ascoltatore. La pizzica-pizzica infatti, grazie alla sua carica estrema, rappresenta davvero una cura efficace, il mezzo di liberazione più grande in grado di poter spazzare via qualsiasi tipo di negatività insita in ciascuno di noi. Il suo ritmo incessante e la melodia dolce, esuberante e a tratti straziante, permette a tutto il corpo di abbandonarsi a questa danza liberatoria e senza tempo.
Il Tarantismo
Non si può parlare di pizzica-pizzica senza far riferimento prima al fenomeno del Tarantismo. Prima della fine degli anni Sessanta gli sguardi sul tarantismo pugliese erano relativamente pochi e aperti su prospettive molto ristrette. La situazione si rovescia completamente quando nel 1959, l’antropologo Ernesto De Martino insieme alla sua equipe di specialisti, cominciò la sua ricerca sul campo salentino, in particolar modo a Galatina, centro della ricerca e meta del pellegrinaggio delle tarantate.
Il Tarantismo è un fenomeno storico-religioso nato nel Medioevo e protrattosi sino al ‘700 ed oltre.
“Si tratta di una formazione religiosa minore, prevalentemente contadina, ma coinvolgente un tempo anche i ceti più elevati, caratterizzata dal simbolismo della taranta che morde e avvelena, della danza e dei colori che liberano da quel morso avvelenato”.
Così Ernesto De Martino, definisce il tarantismo nelle prime pagine de “La terra del rimorso”, opera che rimane un punto di riferimento essenziale per tutti gli studiosi del fenomeno.
L’esistenza del tarantismo si basa sulla presunta tossicità di un grosso ragno chiamato “Lycosa tarentula” identificato con la tarantola.
Il soggetto morso è chiamato “tarantato” o “tarantata”, a seconda se sia maschio o femmina. Queste precisazioni, rendono evidente, il simbolismo di un ragno che morde indipendentemente dal sesso (anche se le donne era in numero maggiore rispetto agli uomini). Si tratta in ogni caso di quel ragno dialettalmente detto “Taranta”. Attorno a questo ragno esiste la credenza per cui chi viene morso, è colpito da effetti che interessano sia il piano fisico che quello psichico e variano a seconda del tipo di tarantola. Nell’immaginario popolare infatti, esistono diversi tipi di tarantole che si differenziano per forma, colore, tonalità affettive e comportamento ed ognuna di esse trasmette il proprio stato d’animo alla persona morsicata.
Il Tarantismo presentava una distribuzioni per classi sociali ben caratterizzata, riguardava infatti il mondo contadino la cui vita era strettamente legata ai cicli della natura. Il soggetto morso della tarantola, data la propria condizione di malessere fisico, veniva accompagnato a casa e i parenti con l’aiuto del vicinato, effettuavano una diagnosi di tarantismo e chiamano così i musicisti, gli unici in grado di poter guarire da questo stato di malessere. Il veleno iniettato nel sangue, ritenuto tossico, doveva essere espulso attraverso la musica data principalmente da quattro strumenti: violino, chitarra, tamburello e fisarmonica.
Il tarantismo si manifestava soprattutto nelle donne e, per quanto riguarda il primo morso questo si presentava generalmente nel periodo puberale; queste erano le regine della danza e della musica da cui si lasciavano, come si dice dialettalmente “scazzicare”, cioè smuovere.
All’arrivo dei musicisti, la tarantata giaceva sul lenzuolo bianco per terra, i suonatori si sedevano attorno a lei e iniziavano a provare diverse melodie avvicinandosi alla tarantata in modo che potesse sentire meglio la musica. Quando la donna rispondeva ad una delle melodie muovendosi, significava che il ritmo era quello della tarantola che l’aveva morsa, cosicché iniziava a muovere lentamente la mano, un piede e poi tutto il corpo.
La diagnosi era inoltre compiuta attraverso l’uso di nastri colorati dialettalmente denominati “nzaccareddhe”, strisce di stoffa colorata che rappresentavano i possibili colori del ragno. I parenti e i vicini di casa, stretti intorno alla tarantata, glieli mostravano e il colore che le avesse arrecato fastidio avrebbe svelato il colore della sua tarantola; così, rompendo quella striscia, si credeva morisse anche l’animale. In genere il colore da cui erano maggiormente attratte era il rosso, colore legato da sempre alla passione e che ritroviamo ancora oggi negli abiti di scena della ballerine di pizzica o nei loro foulard.
Individuato così il tipo di tarantola, i musicisti iniziavano a suonare la giusta melodia e la tarantata cominciava a danzare: il ciclo coreutico era costituito da una fase al suolo e una in piedi in cui la donna lottava contro la tarantola che l’aveva morsa, immaginando di calpestarla e ucciderla con il piede che batteva la danza. A questo punto l’intero ciclo volgeva al termine, con la tarantata che, tracciando una serie di cerchi concentrici, simili a delle piroette instabili, cade a terra sfinita.
Il fenomeno descritto da De Martino è scomparso insieme alla situazione economica e sociale dell’epoca, ciò nonostante, la trasformazione del contesto meridionale non ha determinato la completa scomparsa del rituale, bensì la sua rivisitazione.
Con il passare del tempo la pizzica ha trovato una sua autonomia come tipo di danza e genere musicale, oltre a divenire un vero e proprio fenomeno popolare.
Negli ultimi anni sono state organizzate moltissime rassegne musicali dedicate alla pizzica salentina, tra cui “La Notte della Taranta” che richiama centinaia di migliaia di appassionati e curiosi. Oggi, nel panorama dei gruppi musicali che ripropongono la pizzica, ce ne sono alcuni che la rileggono in chiave attuale e maggiormente fruibile da un pubblico giovanile, contaminata da influssi etnici, ma sempre fedeli allo spirito forte e passionario della tradizione.